COME IN CIELO COSI’ IN TERRA

Come in cielo così in terra

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Certamente l’ordine di queste parole ricorda ad ognuno di noi una delle frasi contenute nella preghiera del padre nostro, dandoci malgrado tutto l’illusione di conoscere a cosa ci si stia riferendo nel pronunciarle. È vero, questa è una frase di quella preghiera, ma il suo significato non si attiene unicamente in questo fatto. Non sono parole buttate li a caso e che si risolvono in una semplice connotazione, sono invece parole cariche di un significato che a mio avviso può valere per tutti, a prescindere dal loro credo. Eppure è molto difficile nel pensiero comune andare oltre, e riuscire a cogliere che la suddetta frase non sia solo una parte di un testo più lungo.

Come in cielo così in terra, enuncia un principio di dualità. Sarebbe l’equivalente di dire: come il caldo così il freddo, come il bianco così il nero, come il bene così il male, solo per fare alcuni esempi. E sin qui ancora non è difficile rifletterci, ma il perché si siano fra tutti utilizzati come termini il cielo e la terra, può essere meglio compreso dal restante contenuto nella preghiera, anche se non è su questa che desidero soffermarmi, nonostante sia difficile decontestualizzare quella frase.

Perché sulla terra dovrebbe essere come nel cielo?! Vogliamo considerare che il cielo rappresenti qualcosa di superiore e che le sue qualità dovrebbero essere emulate sulla terra? Ma il cielo è il cielo, la terra è la terra. Se volessimo dare una connotazione più religiosa a quelle parole, affermando che nel cielo esistano le anime in quell’ipotetico paradiso, come potrebbe quella condizione ripetersi qui giù nella materia? E se dicessimo: come nel mare così nella terra; come potrebbe ricrearsi la vita marina senza l’acqua.

Forse che, assunta l’idea che nel cielo sia tutto positivo, quella positività dovrebbe essere ricreata quaggiù nella terra? Ciò vorrebbe dire che qui in basso tutto è sbagliato e non ci sia nulla che vada bene, nonostante la terra sia comunque una creazione divina, ivi compreso tutto ciò che esiste in essa, almeno tanto quanto in quel cielo così perfetto.

In effetti ci è d’aiuto la frase successiva a quella presa in esame, ovvero: Come in cielo così in terra, dacci oggi il nostro pane quotidiano. Riferito alla terra questo pane potrebbe rappresentare il nostro cibo, ma di che pane parliamo se ci riferiamo al cielo. Ne va da sè che questo pane non riguarda il nutrimento, proprio perché se pregassimo, si chiederebbe di riceverlo sia in terra che nel cielo.

Senza nulla togliere alla preghiera devozionale, ritornando sul concetto della dualità, si potrebbe dedurre che quel pane siano gli stimoli necessari a realizzare il binomio cielo terra, indipendentemente che ci trovassimo in cielo o sulla terra. Quale debba esserne la ragione è un altro argomento, che meriterebbe un approfondimento di tutta la preghiera. Ora però, cerchiamo di riflettere sullo svolgimento concettuale degli stimoli rapportandoli al nostro vissuto concreto.

Prendiamo ad esempio uno stimolo che comunemente ci porta su, in alto nel cielo, quale potrebbe essere l’amore. Come si potrebbe pensare di comprenderne la bellezza senza aver prima sperimentato la solitudine? Come si potrebbe pensare di sentire gioia senza aver conosciuto anche il dolore? Come potremmo migliorare la nostra esistenza, sia individuale che sociale, senza averne prima sondato il baratro.

Secondo alcune teorie, senza passare per i principi duali non è possibile evolversi. Anche per valorizzare il significato della vita è utile a volte confrontarsi con il concetto della morte. Poi non dico sia necessario morire o soffrire, a volte ciò è inevitabile, ma sostanzialmente dipende solo da come affrontiamo e ci rapportiamo con certe esperienze perché queste assolvano alla loro funzione educativa. Ma il punto riguarda solo la nostra consapevolezza, per riuscire ad andare oltre la fatalità delle esperienze, infatti possiamo discendere ed analizzare i meandri più oscuri, solo nella misura in cui sappiamo elevare il nostro stato di coscienza, altrimenti ne verremmo completamente assorbiti e condizionati. Per comprendere cosa sia realmente la morte, non possiamo che aver prima intuito ad un livello altissimo cosa sia la vita, altrimenti i nostri ragionamenti non farebbero altro che spaventarci.

Ma se il cielo fosse qualcosa di meglio, e posto che sia da li che veniamo tutti, perché semplicemente non ci restiamo evitando le possibili sofferenze terrene? Forse che il cielo e la terra siano solo concettualmente separati, al fine di un’esperienza duale che ci consenta attraverso gli opposti di vederne l’interezza, e che in realtà siano uno è indivisibili, proprio come concretamente lo sono la vita e la morte per ogni essere vivente.

Bisognerebbe allora considerare che più di una preghiera, la suddetta frase faccia parte di un insegnamento, di un’indicazione pratica, al fine di farci comprendere che il binomio cielo terra è funzionale alle leggi che regolano la nostra evoluzione materiale e spirituale. Non esiste una vita la ed una vita qua senza una possibile connessione tra di esse, altrimenti si dovrebbe parlare di due cose separate e ben distinte, ma noi non siamo due cose. Possiamo invece considerare la dualità non come due opposti, ma più semplicemente come il rovescio di una stessa medaglia. Per cui la medaglia è una sola, è sempre stata una e sempre lo sarà.

Ne va da sé che per poter sondare le vette più alte della nostra esistenza, non possiamo far altro che sondarne anche il punto più basso ed oscuro. Pensiamo a chi ha avuto la fortuna di vivere una vita agiata, senza nessun problema, ebbene, la sua consapevolezza del benessere non potrà mai equiparare il valore acquisito da chi quel benessere ha dovuto conquistarselo. Conosco personalmente molte persone sorridenti, apparentemente senza problemi, ma io so che la loro felicità è molto limitata non essendo stata acquisita da nessuno sforzo volontario. Anzi, dal mio punto di vista anche se sorridono sempre, non hanno la minima idea di cosa sia la felicità. E non voglio escludermi da questa condizione, perchè anch’io, se anche mi rendo conto di alcune cose, allo stesso tempo non sono consapevole di chissà quante altre.

Se come si dice che non tutti i mali vengono per nuocere, allora definire cosa sia realmente positivo o negativo non dev’essere una cosa così semplice. Forse il positivo è il negativo non esistono proprio, forse sono solo un meccanismo funzionale attraverso il quale ci è consentito capire qualcosa in più su noi stessi, proprio come il caldo ed il freddo ci dimostrano nella loro interezza dell’esistenza di un clima. Il clima è l’unica cosa reale alla fine, oggettiva per tutti, la sua percezione invece il più delle volte è solo molto soggettiva. Le emozioni sono la nostra realtà sondabile, mentre che siano d’amore o di odio è anch’esso molto soggettivo.

Se quindi il cielo e la terra sono soggettivi, cos’è reale in questo binomio? Io penso che sia l’esistenza. Noi siamo reali, ma ciò non può essere spiegato o solo teorizzato, il che significherebbe vivere nell’agio senza sforzo alcuno. Per comprendere l’esistenza dobbiamo attraversare uno stato di soggettività che ci faccia propendere per l’uno o l’altro lato della medaglia, in tutte le cose, al fine di ottenerne una sintesi oggettiva. Solo in questo modo possiamo veramente realizzare e capire chi o cosa siamo. Tanto se ci troviamo ora in cielo oppure in terra, ma non è scontato che un luogo sia più favorevole dell’altro; infatti è detto: come in cielo, così in terra.

Donato Torreggiani